Blog Centro Iperbarico di Ravenna

La storia di Moira: a Ravenna per un incidente da decompressione

Scritto da Redazione reparto Medicina Subacquea il 03/ 02/ 2012

Il 7 gennaio Moira (36 anni, sub dal 2004) insieme al suo istruttore Michele Fedrigoli e altri subacquei si immerge nelle acque della Croazia alla scoperta del relitto Baron Gautsch. Moira si trova a 17 metri quando accade l’incidente causato da un problema con l’attrezzatura (autoerogazione del GAV che si è gonfiato d’aria). Torna subito in superficie aiutata dal suo istruttore e si rende subito conto che le gambe sono rigide: prova a pinneggiare ma le gambe non rispondono. Viene soccorsa e portata a Pola in camera iperbarica: dopo due ore sta già meglio e cammina. Firma per evitare il ricovero a Pola e sceglie di rientrare in Italia. Su consiglio del medico di Pola fa tappa a Verona per evitare di affrontare il lungo viaggio sino a Milano. Quando però arriva a Zingonia all’ospedale San Marco Moira non cammina più. In particolare la sua gamba sinistra è completamente rigida e quella destra si muove a fatica.


Moira viene subito trattata in camera iperbarica secondo quanto prescritto nel protocollo applicato nel caso di incidenti da decompressione: inizia la camera iperbarica e le viene somministrato ossigeno puro a 2,8 Bar (18mt) continuando con sedute a 2 Bar (10mt). All’inizio sembra funzionare e le gambe rispondono. Moira si rimette in piedi e cammina ma dopo 48 ore la situazione precipita di nuovo. Ha inizio un periodo in cui Moira alterna giornate in cui riesce a camminare a giornate in cui le gambe non rispondono, sono rigide e indolenzite. Moira ha un carattere forte, è sempre di buonumore ma la situazione a Zingonia la sta sfinendo: è circondata dall’affetto dei suoi amici e in particolare dal suo istruttore Michele che non la molla un attimo, mantiene per lei i contatti con il DAN Europe e apre anche un gruppo su Facebook per farle sentire ancora di più la vicinanza degli amici. E sono proprio alcuni amici sub a consigliare a Moira di rivolgersi al Centro Iperbarico di Ravenna dove trova subito la disponibilità e l’interesse del dr. Pasquale Longobardi, come ci racconta lei stessa in questa intervista.

Allora Moira a due settimane dall’incidente la tua situazione non era migliorata?

No, purtroppo a ogni miglioramento seguiva una ricaduta: camminavo per un po’ e poi in particolare la gamba destra si bloccava di nuovo. E questo nonostante nel centro in cui mi trovavo a Zingonia avessi fatto camera iperbarica e fisioterapia, in particolare con una macchina chiamata Locomat. A un certo punto ho avuto la forte sensazione che stando lì la mia situazione non sarebbe migliorata: allora ho comunicato loro che preferivo spostarmi a Ravenna.

Qui a Ravenna cosa ti è stato fatto di diverso?

Qui sono stata ricoverata all’ospedale di Ravenna (nel reparto di neurologia, diretto dal dr. Fabrizio Rasi con l'aiuto della brava infermiera Susanna) dove mi sono stati fatti tutti i controlli neurologici per verificare che non avessi subito danni al cervello e al midollo. Poi dopo la visita con il Dr. Longobardi sono stata portata in camera iperbarica per una prima seduta di quasi 10 ore! Dall'incidente non ero mai stata in camera iperbarica così a lungo, al massimo per 5 ore. Inoltre mi è stato somministrato anche elio insieme all'ossigeno tanto che io e l’infermiera iperbarica Marianna per un po’ abbiamo riso da matte a parlare come Paperino. A proposito, permettimi di ringraziare Marianna: dieci ore in camera iperbarica sono davvero lunghe da passare e mentre io ho anche dormito lei ha sempre vigilato su di me!

Questo il primo giorno: come è continuato il tuo percorso di cura?

In totale farò circa 10 sedute in camera iperbarica e mentre sono dentro la camera faccio anche fisioterapia con l'abile fisioterapista iperbarica, Paola Mengozzi. Poi, in Ospedale, proseguo la terapia riabilitativa prescritta dal fisiatra, il dr. Giordano Gatta, che è anche subacqueo. In pratica sto seguendo il protocollo che l'Ausl Ravenna, in collaborazione con il Centro Iperbarico, ha già applicato con successo in altri casi come il mio, ad esempio quello di Andrea del quale avevo sentito già parlare da alcuni amici subacquei.

E ora come stai?

Sono stata subito meglio e come sto ora si vede! Dopo due giorni, a parte la stanchezza per aver trascorso in camera iperbarica quasi 16 ore, camminavo perfettamente sulle mie gambe. E ora mi sento anche in forza e di ottimo umore.

Però è stato un bello spavento: non sarà il caso di appendere la muta al chiodo?

Ma neanche per idea! Potrei prendere in considerazione l’idea di rinunciare alle immersioni solo se me lo chiedessero due persone: il dr. Longobardi e il mio istruttore Michele Fedrigoli. Però il dr. Longobardi mi ha detto che mi vuole vedere fra un mese e per come sto migliorando mi ha detto che ho ottime possibilità di finire la visita con l’idoneità. E con il mio istruttore sto già progettando l’immersione al relitto del Dezza…

Ho capito, sei una subacquea irriducibile!

No, è che appartengo a quella categoria di sub che pur di “pucciarsi” in acqua andrebbe a immergersi in un lago la sera del 31 dicembre! Del resto qui per come ti trattano guarisci per forza: sapessi come mi sono sentita coccolata dal Dr. Longobardi, dalla sua assistente Claudia, da Marianna, dal Dr. Benini e da tutto lo staff. Li ringrazio tutti di cuore come ringrazio anche i medici e gli infermieri dell'Ospedale di Ravenna (il dr. Fabrizio Rasi, il dr. Giordano Gatta), il dr. Ugo Pani - primario dell'Istituto iperbarico di Zingonia - che non solo ha accettato di buon grado che venissi qui a Ravenna, ma continua a mantenersi in contatto per sapere come sto.

Senti Moira mi sa che ci dobbiamo salutare perché è arrivata l’ambulanza!

 

In effetti il barelliere bussa vede Moira e mi chiede: “dove è la paziente che dobbiamo imbarellare?” Moira si alza, mette la giacca mi saluta, va incontro al barelliere e gli dice: “sono io, ma se lei è stanco si metta giù sulla barella che la spingo io!”.

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Il protocollo terapeutico per il trattamento degli incidenti da decompressione nell'attività subacquea ricreativa è riportato in una linea guida elaborata dagli esperti dell'European Committee for Hyperbaric Medicine nella Consensus Conference sugli incidenti da decompressione che si tenne in Marsiglia nel 1996, poi ribadita e aggiornata nelle successive Consensus Conference.

Al Centro Iperbarico di Ravenna, grazie alla grande esperienza nel trattamento di pazienti che hanno subito un incidente da decompressione, Moira è stata trattata con un protocollo che presenta alcune particolarità rispetto a quanto abitualmente applicato altrove. In Ravenna ciò è possibile grazie alla intensa collaborazione e sinergia tra il reparto di Neurologia (per la gestione del danno neurologico), il Servizio di Fisiatria (per il piano di riabilitazione) dell'Ospedale Santa Maria delle Croci della Ausl Ravenna e il Centro iperbarico Ravenna. Il percorso terapeutico prevede:

  • terapia iperbarica con somministrazione (anche a distanza di diverso tempo rispetto all'incidente) di ossigeno ed elio insieme: questo perché la miscela elio / ossigeno 50/50 permette di trattare l'infortunato a 4 bar (30 metri) con una pressione parziale dell'ossigeno di 2 bar (10 metri). La pressione parziale dell'ossigeno di 2 bar è ideale per facilitare la riparazione del tessuto nervoso danneggiato; l’elio accelera la trasmissione nervosa e, probabilmente, la stessa pressione assoluta (4 bar) ha un effetto favorevole;
  • somministrazione - durante il primo trattamento iperbarico in elio/ossigeno - di Lidocaina, farmaco anestetico e antiaritmico che altera la depolarizzazione dei neuroni, bloccando i canali del sodio nella membrana cellulare (raccomandazione tipo 3, livello di evidenza C);
  • riabilitazione (fisioterapia) in camera iperbarica;
  • riabilitazione convenzionale iniziata immediatamente, in aria ambiente (raccomandazione tipo 1, livello di evidenza C);
  • riabilitazione in acqua (non utilizzata nel caso di Moira perché ha risposto rapidamente al trattamento).

L’esperienza del Centro Iperbarico di Ravenna ha dimostrato che questo approccio integrato è utile anche a distanza di tempo nel trattamento degli incidenti da decompressione, come dimostra il caso di Andrea (leggi qui e qui) e quello di Ferdinando Acerbi, raccontato nel bellissimo libro AncorAmare

Del resto anche in medicina vale la regola (ribadita dal medico subacqueo, prof. Bill Hamilton): "what works, works"... no?

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