Qui parliamo della metodologia più diffusa attualmente, in accordo con la comunità scientifica.
Rispondono il Dott. Pasquale Longobardi e il Dott. Paolo Della Torre
Laureati in Medicina e Chirurgia, con specializzazione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee all’Università G. d’Annunzio di Chieti.
Attualmente (2019) si preferisce evitare l’aggiunta arbitraria di soste profonde nel profilo di decompressione. La ricerca scientifica evidenzia che, per immersioni con tempo di fondo breve (entro i 60 minuti), soste di sicurezza profonde aumentano la saturazione di gas inerte nei tessuti invece di facilitarne lo scarico. Comunque, per il calcolo delle soste profonde (Deep Stop) esistono due possibilità di codifica:
- 75% della profondità massima (calcolata in metri)
- profondità massima (ATA) – 2ATA, riconvertito in metri
Esempio: per una immersione a 61 metri (7,1 ATA): il primo metodo prevede una sosta profonda a 46 metri (75% * 61 metri); il secondo metodo a 41 metri (7,1 ATA – 2 ATA = 5,1 ATA = 41 metri).
L’organismo è influenzato dalla pressione dei gas (in bar) e non dalla profondità (in metri), quindi è corretto il primo metodo.
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