In questi giorni stiamo trattando un paziente con fascite necrotizzante, una patologia subdola, dovuta all'infezione acuta e cronica dei tessuti molli.
Nella maggior parte dei pazienti la causa della fascite è un’infezione batterica da microrganismi anaerobi (che sopravvivono cioè senza ossigeno). L’azione dell’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI), associata ad altre terapie, è quindi fondamentale nella sua cura. Noi la conosciamo bene; mediamente in un anno trattiamo 12-15 pazienti, tutti provenienti dalle rianimazioni del territorio.
I batteri responsabili della fascite sono chiamati anche batteri “mangia carne”; in realtà non consumano realmente i tessuti, ma producono proteine in grado d’indurre morte nei tessuti.
L’infezione tende a propagarsi alle superfici più profonde del nostro organismo e può essere causata da:
- tagli e graffi
- punture d’insetto
- ferite causate dall’iniezione di droghe
- ferite chirurgiche
Un riconoscimento tempestivo dei sintomi è fondamentale per agire con il trattamento adeguato. I sintomi evolvono in pochi giorni, anche con cambiamenti visibili nell’arco di ore. I classici segni iniziali dell’infezione sono:
- edema (gonfiore)
- eritema (rossore)
- dolore
- calore percepibile al tatto (sulla zona interessata)
Nei giorni seguenti le aree interessate possono cambiare colore e virare al blu-viola. In seguito, possono comparire bolle che tendono a rompersi. Paradossalmente, in questa fase, il dolore può diminuire, perché è già avvenuta la distruzione dei tessuti e delle terminazioni nervose.
La fascite necrotizzante può condurre a:
- sepsi (infezione diffusa del sangue)
- shock
- insufficienza d’organo (gli organi smettono di funzionare)
La fascite può dare menomazioni permanenti a causa della rimozione chirurgica dei tessuti interessati dall’infezione, della perdita di arti e, nei casi più gravi, arrivare anche alla morte.
Per fortuna si tratta di una patologia relativamente rara e limitata, con maggiore rischio per i pazienti immunodepressi. L’incidenza della fascite necrotizzante è di 3,5 casi per 100.000 persone.
Il protocollo in uso al Centro Iperbarico di Ravenna e condiviso con i reparti ospedalieri invianti prevede:
- OTI tra 20-40 sedute alla pressione di 2.5-2.8 ATA, con terapia doppia alla massima pressione di ossigeno nei primi 3 giorni
- Terapia chirurgica: l’intervento chirurgico appropriato deve precedere la terapia iperbarica
- Terapia intensiva: per la stabilizzazione delle condizioni cliniche del paziente
- Antibioticoterapia (triplice associazione di antibiotici)
- Medicazioni e/o toilette chirurgiche